lunedì 2 marzo 2009

Ancora sul Referendum

Sembra incredibile ma c’è il fondato sospetto che, pur di salvaguardare gli equilibri politici interni al centrodestra, il governo preferisca escludere dall’”election day” delle europee e delle amministrative previsto il 6-7 giugno 2009 il voto sul referendum abrogativo dell’impopolare “legge-porcata”. Rinviare il referendum in solitudine a una data successiva, significa naturalmente garantirsi il mancato raggiungimento del quorum (50% degli aventi diritto al voto). Ma significa anche sobbarcare all’erario pubblico una spesa aggiuntiva che il sito www.lavoce.info calcola, al ribasso, in 400 milioni di euro.
Il conto è presto fatto: pur di assecondare l’opposizione della Lega, che in caso di vittoria dei “Sì” dovrebbe scegliere se presentarsi nelle liste Pdl o vedere assottigliata la sua rappresentanza parlamentare, si preferisce dissipare una quantità di denaro equivalente allo stanziamento della “social card” per i cittadini più poveri.
Bella prova di democrazia e di sensibilità per le fasce deboli della popolazione, vero? Verrebbero letteralmente buttati via 400 milioni di costi strutturali, più le altre spese indirette collegate, all’unico scopo di impedire che un referendum già convocato grazie alle firme di 800 mila cittadini (di entrambi gli schieramenti politici) possa conseguire il quorum.
Lo spreco di risorse pubbliche farebbe così il paio con uno smaccato scippo di democrazia. Altro che le favole sui tagli dei costi della politica. La salvaguardia della casta nordista, senza alcuna giustificazione presentabile, si manifesterebbe come uno sberleffo mentre il governo è impegnato nel difficile reperimento di fondi da destinare al sostegno delle famiglie e delle imprese.
(Gad Lerner, da La Repubblica del 1 marzo 2009)

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